lunedì 17 settembre 2012

Stati Uniti d'Europa

Mi pare si stia animando il dibattito intorno alla forma dell'evoluzione dell'Unione Europea.
La crisi economica, e quella conseguente dei debiti pubblici di molte nazioni europee, ha avuto se non altro il merito di far emetrgere il tema dell'unione politica.
La politica europea ha sempre privilegiato l'integrazione economica, la creazione del mercato unico, e il tema federalista, tanto caro ai fondatori dell'Europa e in particolare agli "Spinelliani", è sempre rimasto molto in sottofondo.
In fondo tutti i trattati sono sempre stati firmati tra gli Stati, che hanno sempre mantenuto il ruolo principale nella gestione degli affari europei, relegando Commissione e Parlamento Europeo ad un ruolo di gregari.
Questo ha portato ad una percezione dell'Europa come di una burocrazia distante dai cittadini e dalle loro istanze.
Tutto è sempre stato mediato, verso i cittadini, dagli esecutivi nazionali e dai parlamenti. E da questi è stata spesso utilizzata come capro espiatori per le norme che, pur comunque necessarie, risultavano in quel momento meno gradite ai cittadini.
Il vertice di questa attitudine è stato toccato quando si è iniziato a parlare della Costituzione Europea. Anzichè coinvolgere i cittadini europei in quella che poteva essere una grande occasione di partecipazione e di costruzione di una vera Europa dei Popoli, si preferì la soluzione delle Conferenze Inter-Governative che attivavano una Convenzione Europea per la redazione di un "Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa".
Termini che forse erano giuridicamente ineccepibili, ma che chiaramente non coinvolgevano i cittadini.
Nonostante durante i suoi lavori la Convenzione abbia in effetti provato a lasciare aperta la porta ai contributi di tutti, era evidente che il problema era il suo peccato originale di essere stata concepita al di fuori di ogni processo partecipativo.
Quando alcuni paesi decisero di sottoporre la ratifica ad un plebiscito (non referendum), il primo paese che respinse il trattato fu proprio la Francia, che aveva un suo ex-presidente come Presidente della convenzione.
Adesso però si stanno moltiplicando gli interventi a favore della convocazione di una Costituente Europea, direttamente eletta dai cittadini.
Il responsabile PD degli affari europei, Sandro Gozi, ha rilasciato questa intervista in cui ricorda che insieme ad altri proponenti ha proposto la costituzione di una Assemblea Costituente eletta a suffragio universale.
E alcune istituzioni italiane, quali per esempio il Consiglio Regionale del Piemonte, hanno fatto proprio l'appello del Movimento Federalista Europeo per chiedere la convocazione di una Assemblea Costituente eletta dai cittadini.
Io stesso, nel mio piccolo, ho proposto un percorso, che comprende un passo preliminare, ossia un referendum per vedere se esista una disposizione dei cittadini a costruire l'unità europea.
Come vedete mi sono trattenuto dal proporre una soluzione ancora più drastica, e a mio avviso efficace, ossia che i rappresentanti in Costituente siano, anzichè eletti, estratti a sorte tra i cittadini. Magari con un minimo di requisiti.
Lo ha fatto però qualche tempo fà Lawrence Lessig, per una revisione costituzionale negli Stati Uniti. (vedere questo video, interessante in generale, poco prima del minuto 49.)

domenica 16 settembre 2012

L'Europa ha bisogno di un unione politica, non di una unione fiscale

In questo articolo del Credit Suisse si analizza perchè è difficile fare una unione fiscale, utilizzando come metro di analisi il caso Svizzero.
L'analisi indica anche secondo me che non è nemmeno troppo vantaggioso farla una unione fiscale. Anzi una certa dose di concorrenza fiscale fà bene al sistema.
Risulta invece come sia una unione politica che rende i processi di integrazione vantaggiosi e irreversibili.
Vantaggiosi perchè con il tempo le migliori pratiche di ciascun paese membro verranno copiati anche dagli altri paesi, contribuendo ad un miglioramento complessivo del sistema.
Dell'irreversibilità poi abbiamo bisogno essenzialmente per tre motivi:
  1. per evitare l'irrilevanza economica della nostra area
  2. per evitare che le tensioni economiche sfocino in tensioni politiche e in nuovi nazionalismo
  3. per garantire la stabilità della moneta comune
Mi paiono tutti e tre motivi rilevanti.

sabato 15 settembre 2012

Influenza sulle decisioni politiche

Lawrence Lessig, con la sua solita chiarezza, illustra ad una commissione parlamentare statunitense le problematiche dell'influenza sulle decisioni che hanno i grandi finanziatori delle campagne politiche.
Il filo del ragionamento è il seguente:
  1. è indispensabile avere risorse finanziarie per poter essere eletti
  2. una percentuale molto piccola di persone contribuisce alla maggior parte dei finanziamenti ai politici
  3. questa piccola percentuale di persone ha quindi un'influenza elevatissima sia sulle possibilità di elezione dei rappresentanti che sulle loro scelte
  4. la situazione confligge con il dettato costituzionale che vuole i rappresentanti dipendenti unicamente dal popolo, e si intendo tutto il popolo, non una ristretta percentuale
Per Lessig questa è una vera e propria causa di corruzione del sistema politico. Una corruzione che non è penalmente rilevante ovviamente, ma che tuttavia impedisce di fatto che le decisioni pubbliche siano allineate con la volontà del popolo, facendo invece riferimento alla volontà, e agli interessi di pochi.Una corruzione quindi del sistema democratico, che così diviene di fatto un'oligarchia.
E' interessante notare come non vi sia mai stato da parte di Lessig un supporto al finanziamento pubblico dei partiti come soluzione di questo stato di cose.
D'altronde basta vedere quello che accade in Italia per capire che questo sposta solo il gruppo di persone che decide a chi dare i soldi, senza per questo allargarlo ai cittadini tutti. Pur in questo caso prelevando dalle tasche di tutti. Che forse è peggio.
Infatti anche solo il fatto che criteri e modalità di distribuzione siano decisi dagli eletti pro-tempore rende il sistema poco "dinamico". Chi è eletto cercherà di essere rieletto, e tenderà a fare delle leggi che distribuiranno i soldi in modo da avere le maggiori risorse possibili per le prossime elezioni.
Risorse che ovviamente non avrà chi alle precedenti elezioni aveva avuto pochi voti o addirittura non era presente.
Costringere quindi tutti a chiedere direttamente ai cittadini le risorse per poter fare campagna elettorale, e in generale attività politica, mette tutti sullo stesso piano.
Il problema sorge quando, come negli Stati Uniti, pochi contributori forniscono la stragrande maggioranza dei finanziamenti, avendo quindi la forza di imporre ai candidati la propria agenda politica, invece che essere dei sostenitori dell'agenda politica del candidato.
Ma la soluzione c'è ed è semplice, come propone Lawrence Lessig stesso. Ed è quella di limitare ad una cifra relativamente bassa il massimo contributo del singolo sostenitore.
Non vi è altra soluzione, da entrambi i lati dell'oceano.